Oasi, wadi, foggara, San‘a
e Shibam, Petra e Matera, Eritrea e isole Dahlac, ma soprattutto acqua.
‘La
piramide rovesciata’ non è solo un modello per la terra, è un modello per l’uomo
e dell’uomo. Tutto ruota intorno all’Oriente, immensa oasi sconosciuta.
Laureano suddivide letteralmente il territorio sahariano in base alle sue
particolarità climatiche, geologiche, idriche, quasi fosse un organismo vivente
in cui il ruolo dell’uomo è assolutamente marginale, di puro adattamento. I
siti sono analizzati sia attraverso le fonti storiche sia attraverso la
minuziosa analisi dei monumenti e reperti archeologici che ne caratterizzano l’odierna
realtà turistica.
Si procede come
osservatori dallo spazio; dallo sguardo a una situazione continentale complessiva si
passa fino alla più piccola oasi del medesimo territorio, il tutto accompagnato
da meravigliose foto e schede, la cui descrizione è affrontata nei paragrafi
stessi.
L’opera non si vuole
limitare a rendere noto il passato dell’Africa, dello Yemen, della Mezzaluna
Fertile, delle aree mesopotamiche, ma vuole scuotere le coscienze degli
occidentali, dell’Onu stesso. Non si limita alla sola denuncia delle opere in
via di sfacimento ma propone concrete e realizzabili soluzioni al problema,
affrontando ogni aspetto della sua attuabilità economica, sociale,
territoriale, geologica e idrica.
L’acqua è la vita e come
attraversa la terra così attraversa le vite dei popoli, degli imperi, della
storia umana per poi chiudersi su se stessa, relegando in questo schema l’uomo
come tassello utile al suo ciclo e non come agente esterno adibito al suo
consumo, ma piuttosto contributo alla sua creazione, in un equilibrio di forze naturali che nelle zone
aride non danno margine d’errore.
L’acqua è il bene più
prezioso e la direzione che l’uomo moderno occidentale ha intrapreso nel suo
sfruttamento territoriale e idrico è ormai dimostrato essere errato.
Lo sfruttamento delle
risorse senza la loro rigenerazione è uno sbaglio il cui prezzo si paga a breve
termine, mentre le tradizioni millenarie dei popoli del deserto dimostrano come
il corretto utilizzo delle architetture di conservazione e approvvigionamento
idrico siano una realtà, investimento per il futuro, le cui tracce sono ancora
tangibili nelle zone più isolate del deserto.
La conclusione è chiara,
l’architettura deve ascoltare e prendere in considerazione il territorio e non
può essere relegata a semplice prodotto innestabile globalmente su vasta scala.
Le grandi multinazionali
spingono per esportare un modello omogeneo di vita che va in totale contrasto
con la realtà della variegata situazione geologica mondiale, fatta di mille
colori e non di un indistinto grigiore moderno che avvolge tutto.
Si può cambiare, e la recente
tecnologia può avere un ruolo chiave nell’aiutarci a tornare alle tradizioni ecosostenibili
con un’efficacia già assodata dall’antichità che emerge con i suoi reperti
ancora funzionali anche se in deplorevole stato di abbandono. La volontà può
tutto
Una lettura consigliata.
Di sicuro impatto su chi vuole conoscere
l’antico per comprendere il presente.

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