Edizione della scuderia del Fatto, Paperfirst, questo volume dall’argomento di puro gossip, cela in realtà una raccolta dei peggiori vizi capitali attribuibili alle debolezze umane. Protagonisti sono la coppia dell’ultima decade: i Ferragnez. Nell’arco di un libro si sviluppa l’intera storia passando per i momenti salienti che hanno contribuito a rendere la coppia leggendaria nel panorama finanziario, non a caso la Ferragni è apparsa sulle copertine di Magazine come una dei migliori imprenditori in ascesa a livello internazionale. La premiazione è infatti meritatissima perché il flusso di soldi che, prima singolarmente e poi come coppia sposata, hanno movimentato lei e il marito tocca picchi vertiginosi. Ma d’altronde ogni impresa ha il suo ciclo e anche questo è venuto a termine trascinandosi vite innocenti, dipendenti frustrati e clienti truffati.
La Lucarelli ci porta indietro di anni e non nasconde di essere stata lei la prima a dubitare della sincera vocazione beneficiaria della coppia. Quasi mai la fama si sposa bene con la solidarietà, ma di fronte al successo dei soldi raccolti e delle campagne a sostegno di enti o qualsiasi movimento di beneficienza non si poteva mettere dubbio sulla genuinità delle intenzioni. Purtroppo solo alla fine dei giochi si scopre che l’avidità non conosce limiti e la linea che separa la beneficienza dal profitto non è così demarcata come si pensava.
Il libro segue in parallelo lo scandalo sui Panettoni, sulle Uova di Pasqua, sulle Bambole e altre idee sociali di beneficienza partorite dal nulla a supporto della generosità dei Ferragnez che ci mettevano sempre la faccia e mai un soldo, salvo poi trattenere profitti scandalosi decurtando quote dai clienti ignari e anche da chi partecipava alla campagna portandola sul mercato reale e non solo quello intenzionale/virtuale dei Social.
Molti aneddoti sono deprimenti, scandalosi, vergognosi. Emergono due figure grame, dedite alla venerazione del dio Mammona che in cambio delle loro aride anime produce profitti e visibilità senza fine. Ancora oggi mi chiedo come una moltitudine di iscritti ai loro canali Instagram potessero passare ore a interagire sui loro post, prenderli come riferimento simbolico della Famiglia, gioire dell’infanzia rovinata dai riflettori dei loro figli minorenni (se lo fa il tuo vicino subito grida “allo scandalo). Ma a loro tutto era concesso. Era come se un velo impedisse di vedere l’assurdità delle loro azioni, al limite dello sfruttamento. La gestione dell’immagine diffusa sui Social senza regole è indubbiamente alla base di tutti gli abusi, anzi forse proprio perché la Società non aveva messo regole la coppia si è potuta permettere di compiere la più disgustosa delle nefandezze: rubare ai bisognosi.
Alla fine il Brand che ha contraddistinto i due coniugi è giunto al termine delle sue capacità di profitto e anzi, non solo è scaduto ma è finito in tribunale e anche sotto la gogna mediatica. L’abbandono immediato sia della coppia come entità digitale che come entità coniugale dal mondo reale ha portato alla rottura definitiva del rapporto tra i due Brandizzati social addicted. Tutto il consumo di prodotti da loro consigliati per anni e la rapidità del consumo degli stessi ha solo dimostrato quanto incerto e labile sia un rapporto fondato sulla Crescita, su una famiglia trasformata in azienda e che, nello stretto legame intessuto tra le due realtà, non poteva che trascinare il castello di carte giù per la valle in un baratro tanto ampio quanto era il successo poco prima conquistato su tutti i media. Basti ricordare l’apice durante la serata sanremese, dove finalmente si superava la soglia del social per entrate in quella televisiva, la soglia che introduce lo spettacolo nelle case degli italiani.
Se un briciolo di etica è rimasto, la logica direbbe di chiudere ogni rapporto con la “visibilità” e di cambiare totalmente rotta, senza cercare di riparare le falle della nave, nella speranza di solcare ancora i Sette Mari come i corsari dei bei tempi andati. Ma l’epilogo e le recenti notizie sulla chiusura delle pendenze giudiziarie a suon di miliardi sono la semplice testimonianza che la legge è uguale per tutti ma lo è di più per pochi. La libertà si può comprare e i crimini si possono sanare se si hanno abbastanza fondi da sostenere la spesa. Per il resto un nulla di fatto. Chi ancora resta incarnato dai post dei due truffatori non rappresenta una statistica minima ma, piuttosto, un congruo e folto gruppo di fedeli addicted ai reel, short o qualsiasi altra forma di update telefonico mordi e fuggi dell’era contemporanea.
Quel che resta dia questa storia, ben raccontata dalla Lucarelli, è una morale sull’apparenza, sulla facilità della diffusione delle notizie, sulla fiducia che cediamo con tanta facilità alla visibilità dei più scaltri oratori. Vorrei sperare che questo sia un episodio formativo per chi ancora delega la propria solidarietà agli altri, enti grossi o piccoli che siano, un monito sulla generosità che ha una forma ben più consapevole e richiede uno sforzo ben più grande; la rinuncia deve essere sostenuta dalla volontà di dare e quella del dare sostenuto dalla volontà di far la differenza. Non basta un Pandoro per produrre un impatto sulle vite altrui.

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