Il libro è una cronaca dei fatti nel vortice dei numerosi episodi intercorsi tra Israele, Palestinesi e Stati Arabi. Travaglio si tiene distante dall’addentrarsi nelle analisi di un’opera storica e confeziona, piuttosto, un piccolo libro che riassume ciò che già con magistrale sintesi ha pubblicato in numerose uscite del suo Fatto Quotidiano. I lettori apprezzano tanto impegno e indubbiamente anche, e soprattutto, i più profani di noi, a digiuno di certe complessità bellico-politiche. Destreggiarsi nell’informazione odierna senza soffrire di bulimiche notizie iniettate quotidianamente da tutte le piattaforme mediatiche ha reso noi lettori restii al dar peso anche alle informazioni più oneste, indipendenti, moralmente incontaminate dai più beceri interessi dei servi del potere, tenuti al guinzaglio da padroni aristocratici con le mani in pasta a tutto ciò che di più vantaggioso e profittevole riescono a controllare. Basti vedere la fine di un signor giornale come La Repubblica, i cui stessi giornalisti hanno scioperato contro la coercitiva prepotenza di controllo sul loro operato, troppo trasparente e indipendente per un proprietario di case automobilistiche abituato all’ultima parola fino al fallimento stesso delle proprie aziende. Purtroppo quasi mai informazione, cultura e management incontrano interessi convergenti, come ben analizzato nell’ultimo numero di LMDP di ottobre 2024 edito dalla LUISS PRESS.
L’attacco di Hamas è solo l’ultima delle azioni perpetrate contro Davide che nel tempo si è trasformato in Golia e non pago di consolidare la propria capacità militare con l’Iron Dome, si è data all’espansione territoriale, quasi come una replica del Lebensraum nazista pianificato dalla Grande Germania in fase di attuazione tra il ’40 e ‘44. Allo stesso modo Israele giustifica le proprie azioni criminose con l’esistenza del suo “spazio vitale”, una vera e propria ironia dopo le decadi passate a ribadire la propria posizione di vittime belliche, ahimè non le uniche e neanche le più numerose, nonostante la voce unica della propaganda storica tesa al puro senso di colpa dei crimini efferati compiuti da persone defunte e condannate a morte se non decedute in modo peggiore. Sta di fatto che dopo esser stata riconosciuta come la più simbolica delle vittime di crimini di guerra, Israele si appresta a compiere in modo più efficace, efficiente e sistematico lo stesso crimine a danno di altri. “Scagli la pietra chi è senza peccato”. Israele non usa più pietre dal tempo di Davide, ma in quanto a missili e tecnologia bellica di sterminio è diventata leader indiscusso del settore.
Tutti i “falsi dozzinali” che girano in rete e nelle trasmissioni, spesso faziose, sono riportati all’ordine dal noto Direttore e le semplificazioni dei “buoni” contro i “cattivi” e assurdità complottiste di aggrediti e aggressori sono messe di fronte alla realtà ben più banale del male perpetrato verso i popoli, non più vittime collaterali delle Grandi Guerre ma obiettivo militare della malvagità democratica progredita nell’assolutismo di stampo settecentesco. Ormai si tratta solo di tempo prima di sentire Netanyahu dichiarare “la guerra sono io”. Se Netanyahu non sembra conoscere la sua stessa storia recente, Travaglio invece è alquanto informato, oltre che acutamente dedito all’analisi cronologica dei fatti.
Il libro si apre dalla controversa nascita dello Stato d’Israele attraversando le guerre più significative, veri “turning point” scriverebbe Terzani, e sanguinarie d’Israele, dalla Guerra dei Sei Giorni, Kippur al Camp David per poi giungere all’accordo di Oslo, mai messo in pratica ma dall’alto potenziale politico. Quando tutto sembra appiattirsi, stabilizzarsi, normalizzarsi, ovviamente a discapito dei palestinesi, ecco che appare sulla scena Bibi, lo sbilanciamento politico che porta alla deriva assolutista e illiberale uno Stato che si vantava di essere la Mosca Bianca democratica d’Oriente.
I dettagli sono tutti contenuti nel libro. Scorrevole, ritmato, sarcastico e amaramente cinico. Travaglio è obiettivo e si contraddistingue per imparzialità politica. Qui non si tratta di schierarsi per nessuno ma di prendere i fatti per quello che sono, una guerra fratricida di stampo etnico che divora le anime delle vittime e degli aguzzini verso un baratro senza ritorno. Alla fine del libro è chiaro al lettore che non c’è più nulla da salvare e che l’unico esame di coscienza deve farselo l’Occidente, sponsor ufficiale e ufficioso dei più efferati crimini di genocidio del ventunesimo secolo.

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