Federico Rampini ha scritto un libro che, se fosse arrivato sulle scrivanie dei diplomatici di mezzo secolo fa, sarebbe stato accolto come un manuale per decifrare il mondo arabo dopo la decolonizzazione. Ma siccome arriva oggi, in un tempo in cui l’attenzione media degli occidentali è più corta di un titolo di TikTok, rischia di venire liquidato come l’ennesima “geopolitica da scaffale”. Sarebbe un errore. Il nuovo Impero Arabo non è solo un libro: è una lente d’ingrandimento puntata su un mosaico che noi europei, spesso distratti, preferiamo guardare di sfuggita.
Rampini ci dice subito, senza giri di parole, che l’“impero” di cui parla non è una costruzione politica sul modello di Roma o di Londra. È piuttosto una rete di potere, di denaro e di religione che ha nel Golfo Persico il suo cuore pulsante e nelle sue appendici africane e asiatiche i tentacoli. Gli Emirati, l’Arabia Saudita, il Qatar: minuscoli staterelli se guardati sulla carta geografica, ma colossi se guardati al microscopio della finanza, dell’energia e della diplomazia contemporanea.

