Elaborare un dolore che pervade l’anima ha risvolti imprevedibili per la psiche umana. Lewis affronta il tema con emozionale lucidità, precisione e onestà, lasciandosi trasportare da funesti pensieri contraddittori. La natura cristiana dell’autore non rende meno efficace il pensiero contenuto in questa raccolta di taccuini che devono esser stati un vero e proprio sostegno dell’anima in un momento di smarrimento che metterebbe a dura prova la fede di chiunque.
Le facili consolazioni sono presto stroncate da decise recriminazioni al Supremo Signore. La Fede tradita dalla perdita della compianta amata viene impressa con l’inchiostro nelle pagine, dando libero sfogo alla propria rabbia, minando l’esistenza stessa di Dio, solo per integrarsi all’interno di un soliloquio progressivo in cui l’autore matura profonde riflessioni per giungere al ricongiungimento con la Fede incondizionata che la moglie espresse senza esitazione in punto di morte.
La morte si affronta in solitudine col proprio corpo ma in compagnia dell’Amore Divino contenuto nell'anima. Quest’ultima viene elevata al suo apice più misterioso e celestiale nel distacco dalla carne terrena, lasciando inerte un involucro freddo, a disposizione dei cari e familiari che possono solo commemorare la vita vissuta del compianto ma non la sua misteriosa esistenza nell’oltretomba.
Le perplessità suscitate per la perdita dell’amata H. si spingono fino a mettere in dubbio la “bontà” di Dio e il sacrificio del Cristo. E se si fosse sbagliato? Cosa abbiamo da opporre alla manifesta presenza di un Dio cosi malevolo. Le domande incalzanti sono gettate sui taccuini come appunti irrazionali, scritti d’impeto, uno sfogo nutrito dalla rabbia, dai grandi “perché?” che ogni uomo deve prima o poi affrontare nell’arco della vita.
È facile amare Dio quando i nostri desideri e preghiere si compiono, tutt’altro atto è aver Fede quando le nostre vite felici vengono infrante dalla disarmante Fine. Eppure lo sappiamo, tutti noi abbiamo una data di scadenza celata alla nostra coscienza ma sempre pronta ad emergere come una spada di Damocle pendente sulle nostre anime.
La Fede crolla come un castello di carte, e solo un’onesta autocritica può ristabilaire l’equilibrio con Dio e lenire un dolore invisibile che fende i cuori delle persone che amano e sono amate. La fiducia è una fragile condizione che richiede perenne rinnovamento, scossa dalle vicissitudini del vivere quotidiano. Nessuno può esimersi dalla sfida, per quanto si abbia un’anima incrollabile, tutti possiamo essere messi in ginocchio senza sapere né come né perché e soprattutto quando.
Lewis ci consegna una raccolta di appunti riflessiva e, per quanto dolorosa, necessaria per la cura dell’anima, per affrontare il futuro della vita che resta. Come una partita a poker necessita di soldi veri per essere “seria”, così è la Fede: non è seria fino a quando le puntate non diventano paurosamente alte e la posta in gioco non sia la tua anima. Solo sotto tortura si tende ad ammettere le inconfessabili verità, così è per la Fede, che necessita di scuotere l’uomo fino alle viscere più profonde della sua esistenza per scoprire la propria Fede.
Nelle pagine finali Lewis riconcilia la sua Fede con Dio. Rinnova con ancora più vigore la sua cristianità con la promessa di abbracciare un vero Cristo e non una sua caricatura iconografica. La Fede dimora nello spirito e non negli oggetti, statue, dipinti o altri suppellettili creati dall’uomo. L’autore non ammette più pallide imitazioni del Signore e bandisce dal suo registro religioso qualsiasi rappresentazione divina.
La morte è una porta che chiude stanze di illusioni per aprire i cancelli su vasti giardini di rinnovata coscienza del Creato, un’occasione per rinascere dalle ceneri della corrotta quotidianità ed elevare l’anima un’asticella più su delle illusioni.

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