Come per la biografia di Hitler, anche qui siamo di fronte ad un capolavoro di analisi storica, sociale e psichica; non di un unico personaggio, ma di un’intera nazione. La domanda è come un intero popolo, considerato trainante tra le economie europee ed efficiente nei propri sistemi politici e burocratici abbia potuto consegnarsi al destino di un solo uomo, visto come divinità ascesa per la sete di conquista e onore di una nazione ferita nell’orgoglio e miseria a seguito della sconfitta bellica del 1918. Aspetti decisivi e minuziose analisi sono esposte con meticolosa precisione al fine di fugare dubbi e miti che spesso circolano sull’uomo più odiato del pianeta, vero e proprio simbolo del più diabolico essere vivente che abbia mai messo piede sulla Terra.
Non è una novità sentir attribuire ogni colpa degli accadimenti bellici del XX secolo alla carismatica figura di Hitler. D’altronde è lui il Dittatore, e per un perverso gioco dei posteri si tende a veder le tirannie come risultato di un’imposizione piuttosto che di una scelta. Kershaw ne è consapevole e mette luce alla numerose controversie del ventennio attraverso la sua indagine storica riportando equilibrio e giustizia nella distribuzione delle colpe. Certo che Hitler non è una vittima delle circostanze, anzi, il suo piano è chiaramente spiegato nelle pagine del suo Mein Kampf, dove non usa giri di parole nel tracciare la via futura della Germania e come intenda trasformarla in un impero millenario. Tuttavia le sue capacità oratorie sarebbero rimaste tali e insignificanti se a sostegno della sua grande volontà e dedizione non vi fosse stato un consenso unanime e stratificato da parte di tutte le classi sociali entusiasmate dalle nuove promesse di un futuro di crescita economica e sociale come quello che serviva agli elettori del partito nazionalsocialista.
Momento cardine della svolta politica ed elettorale fu indubbiamente il fallimento del putsch di Monaco e a seguire, dopo la scarcerazione, l’avvicinamento dell’aristocrazia imprenditoriale tedesca e della nobiltà prussiana, essenziali alla creazione del Tesoro necessario per alimentare l’apparato politico in costruzione e prossimo alla ribalta delle regolari elezioni repubblicane. Il fallimento del colpo di stato fu una grande lezione di imprudenza per Hitler e accoliti che capirono presto la necessità di dotarsi di un partito politico a tutti gli effetti, che camuffasse anche l’esistenza delle pratiche irregolari perpetrate dalle squadre SA al servizio del Partito e future squadre private a protezione del Furher. Il popolo è il grande colpevole della sciagura del secolo e la rovina totale sarà la punizione per espiare quella colpa che la vede mandante del Capo carismatico di cui accetterà di dotarsi pur di seppellire una crisi e miseria durata decadi, assieme alla vergogna di una nazione sconfitta, inaccettabile nel confronto internazionale, soprattutto per una nazione che vanta una proverbiale e innata capacità bellica e che per cinque intensi anni darà filo da torcere alle nazioni di tutto il mondo.
Diversi miti vengono sfatati da Kershaw, come quello che riguarda il successo del Mein Kampf, attribuito alla fama conquistata con la visibilità del consolidato potere totalitario. La verità è ben più triste. Il volume vendette così bene a partire dalla sua prima pubblicazione, tanto da permettere a Hitler di vivere di rendita fin da subito, questo a riprova di quali gusti editoriali avessero maturato i tedeschi del XX secolo. Quindi il successo del libro di Hitler fu in effetti una delle spinte più rilevanti che gli diedero la convinzione di aver intrapreso la strada giusta e di aver risposto alla chiamata del popolo tedesco. Mai consenso fu più nefasto e presto ogni singolo tedesco ebbe modo di poter riflettere per bene con quale leggerezza avessero espresso la propria approvazione nei confronti di uno che di li a poco si sarebbe convinto di essere guidato dalla mano di Dio, sostenuta da una incredibile serie di vittoriose epiche battaglie ed altrettanti falliti attentati che gli diedero la conferma della protezione di divina provvidenza.
Kershaw dipana ogni dubbio sulla colpevolezza delle masse nel delirio di onnipotenza di Hitler. Un solo uomo non può tanto tutto da solo. L’accettazione, la celebrazione dei successi e la prosperità economica sono una potente pozione nel delirio generale di un paese in rotta, ma le scelte che hanno preceduto tutto questo sono la vera colpa di cui si è macchiato il popolo di tutti gli strati sociali, dalla nobiltà al proletariato più insignificante.
Il libro di Kearshaw contiene la forza di un monito per il nostro presente. La facilità con cui gli accadimenti si sono succeduti uno dopo l’altro lasciano perplessità in noi lettori ma a questo serve un lavoro tanto minuzioso; abbassare la guardia è una fatalità che una società complessa e interconnessa come la nostra non può permettersi. Indubbiamente un volume che i custodi del ricordo bellico e i figli dei figli di quel periodo tragico dovrebbero avere nelle proprie librerie, soprattutto quel popolo che più è stato vessato e travolto dall’odio disumano di onnipotenza razziale e che pare aver scordato che tutto ciò non deve ripetersi, neanche se si hanno in dotazione armi tecnologiche che privano di umanità chi deve eseguire ordini discutibili ed efferati verso chi non ha difese se non la speranza di non essere coinvolti nel fratricidio di popoli separati da interessi economici e politici distanti da loro migliaia di miglia.

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