sabato 2 gennaio 2016

Moby Dick-Herman Melville

Tutto sbagliato. Dobbiamo rivedere ciò che pensiamo di sapere riguardo ai leviatani che popolano gli abissi dei mari più remoti del nostro pianeta. Moby Dick evoca immagini di grandezza e mistero che pochi romanzi riescono a fare. L’indiscutibile opera di Melville lascia di stucco quando ci si rende conto di non avere tra le mani un semplice racconto, ma piuttosto un manuale, una vera e propria guida sulla caccia alle balene e a tutte le attività che ruotano intorno ad essa. 
In effetti in seicento pagine vengono condensate le esperienze di Melville trascorse a bordo di una baleniera con il privilegio di poter testimoniare di persona la dura vita di chi intraprendeva questa carriera, spesso  portata a scontrarsi con tutte le forze della natura marina e terrestre. Moby Dick è intriso di tutto il fascino dei miti sui giganti degli abissi con una qualità letteraria straordinaria. Non a caso questo testo è tutt’ora un punto di riferimento per gli studiosi di letteratura americana, insomma siamo di fronte a un classico. 

Riferimenti biblici e classicismi sono dosati nel migliore dei modi donando un carattere critico e morale alle vicende che assumono una profondità unica nelle caratterizzazioni dei personaggi. Basti pensare ad Achab o Queequeg l’indigeno. 
Le anime dell’equipaggio sono messe a nudo, raccontate nel loro coraggio e nelle loro paure. Ogni uomo è accompagnato da un proprio bagaglio di esperienza messo a disposizione dell’obiettivo: catturare le balene. La stessa caccia è parte di una minuta descrizione suddivisa in fasi cronologiche specifiche che rendono così viva la descrizione che pare di poter sentire il fetore dello spermaceti sprigionarsi dalle pagine del libro. 

Ogni parola trascorre come la monotona oscillazione dello scafo sulle onde del mare, è la voce di Achab a cadenza ritmica e imprevedibile a ricordarci il vero scopo della missione: catturare Moby Dick. Il destino di ogni uomo sul vascello è legato a quello di Achab, ma l’equipaggio non sa che il destino del capitano è nelle mani del leviatano. Le tradizioni, il coraggio, la paura, la vita, la morte sono tutti passaggi obbligati della sfida umana, simbolo di tenacia. 

Melville ci regala una visione: le ossessioni possano farci perdere la rotta della vita; mentre Moby Dick è la metafora della prova finale che tutti prima o poi affronteremo. Insomma, meglio una fine dignitosa che un ritorno a casa a mani vuote. La morte esige la commemorazione, ma l’eternità può sussistere solo quando si ha qualcosa per cui è valsa la pena vivere; bisogna lasciare un segno su questo mondo prima della dipartita e Melville lo ha lasciato nella profondità degli abissi. 

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