venerdì 18 novembre 2022

Jordan Belfort - The Wolf of Wall Street

 

<<Il lupo perde il pelo ma non il vizio>>. Chissà quante volte il giovane Jordan avrà sentito ripetere questa frase durante le notti insonni della sua frenetica, eccessiva, smisurata e depravata gioventù. 

Partendo dal famoso film, con protagonisti un brillante Leonardo DiCaprio e una conturbante Margot Robbie, muoveremo i passi a ritroso per scoprire cosa spinse DiCaprio a mettere tra le sue priorità la sceneggiatura del film che non gli valse l’Oscar più meritato di sempre. DiCaprio rimase folgorato da questa irriverente autobiografia dell’ex milionario che scalò tutte le classifiche di Wall Street, grazie alle sue spietate capacità di manipolare le persone; un vero dono che si trasformò nella peggior condanna. Solo l’arresto si rivelerà la salvezza che tanto aveva inconsciamente desiderato, ormai incapace di fermare la macchina fabbrica soldi di cui lui stesso diventerà vittima.


Se pensate di aver compreso il profilo del più famoso broker degli anni ’90 semplicemente vedendo il film al cinema sarà meglio che vi sediate, siete lontanissimi dalla reale figura del Lupo di Wall Street. Le nefandezze compiute dall’imprenditore, raccontate di suo pugno, sono peggiori di quanto narrate nella pellicola e totalmente prive di rimorsi. La corsa verso il baratro è stata semplicemente inevitabile, ma sfogliare le pagine dell’autobiografia lascia il lettore a bocca aperta, vero stupore. Non fa strano che DiCaprio sia rimasto folgorato da questa assurda storia. 

Belfort racconta con dovizia di particolare ogni menzogna, abuso, inganno, perpetrato nei confronti di parenti, amici, clienti, colleghi e soci. Se esistesse un libro ufficiale del Diavolo, questa sarebbe la sua pubblicazione più riuscita. Gli aneddoti sono semplicemente sconcertanti, senza tralasciare alcun particolare, anzi, quando pensi di aver letto la peggior bassezza umana che uno può perpetrate verso le ignare vittime, Jordan sorprende: sempre.


Come nella pellicola il libro parte dalle prime esperienze imprenditoriali, i primi fallimenti e la perdita del disincanto, quel passaggio dal mondo delle illusioni alla cruda realtà del mondo che tutti bene o male conosciamo. Ma Belfort non è tipo da buttarsi nello sconforto. Se il mantra di imparare dagli errori sembra ormai una frase priva di senso per le nuove generazioni, che rischiano sempre meno nelle proprie scelte, Jordan sembra essere tremendamente portato per fallire, ma soprattutto per manipolare, per attirare il tutto a suo personale vantaggio. 

Gli episodi più salienti, che le inquadrature cinematografiche ci hanno ormai abituato a vedere, sono molto più profonde e descrittive di quanto mi aspettassi. Il Lupo non è un bluff, è davvero affamato di vita, ma soprattutto di soldi. Il denaro (lo sterco del diavolo, appunto) governa il mondo e il nostro broker ne vuole essere assoluto detentore e protagonista. Gli eccessi si susseguono uno dopo l’altro, non solo nel mondo professionale, ma anche in quello relazionale, almeno finché non incontra la sua Regina, dolce e amaro desiderio che non lo fermerà dal proseguire la dissoluta quotidianità di incontri promiscui e abusi di sostanze stupefacenti, di cui il Quaalude è diventato ormai emblema, soprattutto nella pellicola hollywoodiana.


Le vicende si alternato fra risate e degrado, ma più ci addentriamo nel racconto più la figura del Lupo si erge per quello che non vorremmo fosse, un vero genio. Il rischio è indubbiamente il suo mestiere e lui è pronto a viverlo al massimo, tra feste, eventi e riunioni  aziendali che spesso si tramutano in disgustose orge di corpi umani spinti dalla stessa avidità di denaro che come tutti vende la felicità in cambio della propria anima. Chi cade è perduto e Jordan non ha alcuna intenzione di aiutare nessuno a risollevarsi dal duro colpo sull’asfalto, anzi lo asfalta personalmente senza alcuna remore di causare sofferenza o dolore.


Alla fine sarà la sua stessa cruda ricerca dell’eccesso a portarlo in rovina. Emblematica, almeno per noi italiani, è il famoso episodio del naufragio della Nadine nel giugno 1996 a donarci stupore (il video originale dell’approdo al porto di Olbia è ancora disponibile su YouTube). La scena è talmente emblematica che il film si limita a completare quello che il salvataggio non ci mostrò. 

Quella era ormai l’inizio della fine del nostro fortunato Broker. Le sue vicissitudini internazionali e i vari tentativi di salvare il salvabile giungono a termine. La festa sta per finire e l’unico invitato d’eccellenza nella prigione della contea sarà il noto Lupo, ormai consapevole e grato di esser stato fermato da una vita che avrebbe finito per ucciderlo.


Il libro non è una celebrazione degli eccessi o un’apologia di una vita dissoluta, piuttosto è una confessione, la redenzione di un uomo che ha compreso quanto il potere del Karma possa chiedere il conto delle proprie azioni. E se vi aspettate un libro diseducativo siete proprio fuori strada. Il libro ispira a dare il meglio di se e mette in luce la facilità con la quale ci si può smarrire in questo mondo di lupi, il cui unico scopo è quello di sbranarsi l’un l’altro. 

Insomma è tutto vero. Se credevate la storia fosse esageratamente hollywoodiana, leggendo questo libro vi ricrederete totalmente: Jordan Belfort era il Lupo di Wall Street.

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