Iniziativa editoriale della Bompiani, questo breve libro racchiude i tre scritti più noti dello stoico filosofo Seneca. Racchiusi troviamo La tranquillità dell’animo, La brevità della vita e La vita felice, trattati che approfondiscono i grandi temi della vita e della morte. Nonostante la vetusta età, gli scritti risultano più attuali che mai nella loro semplicità. La forma di dialogo epistolare aiuta nella sintesi dei concetti che si traducono in veri propri aforismi sul sapere filosofico e morale. Seneca attraversa i secoli senza mostrare alcun segno del tempo e ci regala perle di saggezza che spesso troviamo nelle rubriche più trendy del momento, di sicuro impatto per chi si lancia nella professione del momento: l’influencer.
Nel primo trattato trovano spazio consigli pratici sulle persone, le relazioni e se stessi. Un elenco di situazioni tipiche e universali nella quale incorrono tutti prima o poi. La società potrà anche progredire ma le relazioni tra uomini e i grandi temi morali che ci caratterizzano sembrano compiere un moto circolare ripetitivo. Ambizioni, virtù, aspirazioni possono essere sorti avverse o rimedio agli affanni della vita. Seneca suggerisce di affaccendarci ma senza andare in contrasto alle nostre inclinazioni naturali, un mantra che sarebbe d’obbligo diffondere fin dalla tenera scolarizzazione. Ma mette anche in guardia da chi decidiamo di frequentare, tratteggiando il profilo del “malinconico”, eterno piagnone, dedito solo alla lagna e pessima compagnia anche se fidato e devoto amico. Non manca un avviso alla materialità, l’accumulo fine a se stesso, eterna distrazione del vagabondo senza meta che ci priva della serenità, fondamenta delle proprie ambizioni.
Seneca non si rivolge ai saggi ma piuttosto ai mediocri, distratti dall’incapacità di essere diligenti e padroni di se stessi, sono cagion delle proprie sventure, colte da un perenne rammarico di non aver vissuto il proprio tempo: <<girano senza meta, cercano una cosa qualunque da fare, e non fanno mai quello che si sono proposti, ma quello in cui si sono imbattuti>>.
Proprio il Tempo è il tema principale nel secondo trattato De Brevitate vitae. Seneca tenta di rispondere alla più esistenziale delle domande: la vita è davvero breve? La percezione che ognuno sviluppa del tempo trascorso, soprattutto quando si volge lo sguardo al passato, è che la vita pianta in asso tutti, proprio nel momento in cui stanno per viverla. D’altronde Aristotele esclamava: <<La vita è breve, l’arte lunga>>. Ma allora dobbiamo essere artisti per concederci l’eternità? Non necessariamente. La verità è che il tempo concesso non è poco, siamo noi a sprecarlo, a dar valore ad un aspetto quantitativo a discapito della qualità. Allora la domanda giusta è: come utilizzi la vita? Non dobbiamo attendere che sia passata per avvertirne l’inesorabile trascorrere, va assaporata e fatta fruttare come farebbe un erede con la ricchezza pervenuta dall’amato parente venuto a mancare.
Tiriamo le somme. Se arrivassi a cento anni di vita, quanta di questa sarebbe vissuta dedita ai propri propositi, progetti, realizzazioni e quanta sarebbe depauperata da persone di cui neanche hai il ricordo. La sentenza è cruda, la colpa è nostra, che viviamo vite senza percezione di scadenza, regaliamo noi stessi agli altri senza sapere quanto rimane della nostra esistenza e quindi doniamo il tempo privandolo di valore e viviamo una vita privata del nostro tempo. Non si deve giudicare la lunghezza di una vita in base ai capelli bianchi o alle rughe, questa non è vita, è esistenza. Il tempo è una risorsa preziosa, bene infungibile, scarso, non lo si può svalutare come privo di valore perché segue una sola direzione: l’eternità.
La morte chiederà udienza e nulla potrà invertire questa inesorabile realtà, conseguenza finale dell’esistenza che cessa la sua corsa privandoci del tempo che ormai è inesorabilmente perduto. Seneca ci mette in guardia: <<[…] devi contrapporre alla rapidità del tempo la tua prontezza nell’usarlo>>. Con queste parole racchiude con lungimiranza lo scorrere del tempo e la sua percezione nelle nostre vite dedite all’affanno della carriera per poi scoprire di aver faticato tanto solo per il proprio epitaffio.
Cosa racchiude invece La vita felice? Meta e percorso sono due prerogative indispensabili nella confusione del conformismo. Intenti a seguire come pecore il gregge che ci precede e a far nostro l’errore altrui, la prima raccomandazione è proprio quella di abbandonare chi ci sta davanti e distinguerci dalla folla mutevole e propensa ai continui cambi di direzione.
La vita è felice se è consona con la propria natura, ma per raggiungere questo stato bisogna essere in possesso di una mente sana senza avere come scopo solo il proprio piacevole godimento, ma indirizzando la propria esistenza esclusivamente alla virtù. Seneca poggia la gran parte delle teorie e trattati sulla figura del saggio, capace di discernere la propria condotta dagli eccessi, guidati dalle sagge ali della libertà, vero premio della retta perseveranza e rettitudine. Le privazioni diventano forza e la ricchezza materiale solo uno strumento di cui servirsi. In effetti un distacco dai beni lo stoico Seneca lo ribadisce con forza; non nega il possesso ma ne limita la rilevanza ai fini di una vita felice, d’altronde: <<nessuno ha mai condannato la saggezza alla povertà>>.
Le parole del filosofo riecheggiano attualissime per il lettore attento a cogliere ogni sfumatura delle sue parole. Gli scambi epistolari tradiscono riflessioni molto presenti nel malessere quotidiano e si ergono come un faro per chi, smarrito nella frenesia del capitalismo odierno, non riesce a focalizzare sulle proprie priorità.
Gli scritti di Seneca si rivelano intramontabili nella loro essenza e un rifugio per le disorientate anime del nostro presente. Cogliete l’attimo prima che sia troppo tardi.

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